lunedì 15 aprile 2013

IL FIO DEL TEMPO CHE SCORRE – Jimmy Bobo (Bullet to the Head), 2013


A parlare dei film d’azione usciti negli ultimi tre anni si finisce a fare sempre lo stesso discorso, a dire sempre le stesse cose: che The Expendables 2 è il film cardine per capire l’andamento del cinema di questo periodo, che non c’è più l’action di una volta, che ormai son tutti buoni con mille fantastiliardi di paperdollari a fare spettacolo coni i computerini ma poi nisba, eccetera eccetera…il discorso è uno e uno solo: abbiamo ragione. Punto. Basta.
Film dagli intrecci intercambiabili hanno popolato la nostra immaginazione dalla fine degli anni ottanta ad oggi e ne riportiamo i segni: per i più attempati sono “americanate”, per i più giovani sono solo cose degli anni ottanta troppo poco movimentate per attrarre la loro attenzione. Epoca di videogiochi e film corali, supereroi ed effetti speciali, gloria e grossezza si fanno da parte e lasciano il proscenio a stilosità da CGI, a ninja e a dèi col martello.

È il fio del tempo che scorre, e siamo soli a combattere.

(mi asciugo la lacrima causata dalla liricità del momento e me ne vado affanculo)

The Expendables 2 è un film cardine per questo cinema, questo di oggi intendo, perché ha avuto il merito di rilanciare, seppur come oggetto vintage, l’action anni ’80. E Bullet to the Head è a tutto tondo un film degli anni ottanta, non manca niente, ma niente di niente.

Trama: Jimmy Bònomo è un assassino prezzolato al soldo della criminalità organizzata, dei generici ricconi che vogliono costruire dei generici supermercati al posto di alcune generiche case popolari in una generica città del sud degli Stati Uniti. La generica criminalità organizzata decide di fare fuori lui e il suo compare, e fanno fuori solo il suo compare perché lo Sly non ti devi permettere di farlo fuori mai, ma neanche genericamente. Lui promette vendetta, indaga assieme al suo nuovo amico poliziotto e si vendica.  

Qui sotto una lista dei tratti distintivi che, oltre alla trama, confermano l’annottantesità di Bullet to the Head:
.la macchina di Sly è una muscle car, una generica Ford Mustang o Chevrolet Camaro che sono come il colore nero, snelliscono e stanno bene con tutto
.si forma una coppia razziale mista e duale, poliziotto/criminale, buono/cattivo, vecchio/giovane, tipo 48 ore con Nick Nolte e Eddie Murphy. La bromance sarà l’unica possibile conseguenza.
.Il regista è Walter Hill, lo stesso che ha diretto 48 ore.
.Fioccano i coltelli, meglio se a serramanico.
.C’è almeno una scena ambientata in una sauna, dove qualcuno in maniera ignominiosa finisce con un asciugamano per le mani a mo’ di gonnellina e un buco in testa
.Il riccone cattivo di turno è un mediocre che si attornia di grossi, in questo caso un mercenario della legione straniera.
.La bella del film è una megapatatona di quelle da star male, ovviamente poco famosa (la Sharon Stone de Lo specialista è purissima eccezione).
.Il vero cattivo del film è il mercenario assassino che minaccia Sly, non l’inutile riccone burocrate.
.Il mercenario assassino rapisce la bella del film per conto dell’inutile riccone burocrate.
.Il mercenario assassino ha il codino.
.Il mercenario assassino non ha interesse per i soldi, vuole solo uccidere.
.Il mercenario assassino assassina l’inutile riccone.
.Il mercenario assassino sfida Sly alle asce.  Alle ASCE.
.Il mercenario assassino viene ucciso contemporaneamente in due modi diversi dalla coppia razziale mista e duale.
.Scene di bromance al baretto a suggellare il successo e l’amicizia della coppia razziale mista e duale, momento in cui il giovane confida al vecchio che si sta bombando la figlia.

Questo è il film, ora le considerazioni.
Il titolo. Diamine. Jimmy Bobo. Jimmy Bobo. JIMMY BOBO. In un paese come l’Italia dove il parlare inglese è LA REGOLA per sembrare dei fighi da azienda e confermarsi dei pirla (“fare il debriefing della checklist di sta gran fava per il cliente” e amenità varie), una delle poche cose che aveva senso era il titolo di questo film. «Andiamo a vedere Jimmy Bobo?» «Ah, il nuovo film di Massimo Boldi?». Vergognandoci con le cassiere del cinema abbiamo chiesto quattro biglietti per Bullet to the Head. Stallone, Cipollino e tanta amarezza.

La bella del film. E qui si torna al fio del tempo che scorre. Fosse stato un film di trent’anni fa (non so se si è intuito che potrebbe benissimo esserlo) l’ottima Sarah Shahi non avrebbe avuto scampo, sarebbe stata preda di Sly senza se e senza ma, spacciata. Qui è sua figlia e se la bomba il poliziotto con lo smartphone. Lagrima.

La tematica generazionale. Ormai i nostri eroi sono i mentori di tutto il mondo, ragionano e agiscono alla vecchia maniera, sapendo che è quella giusta, considerando uno smidollato chi usa uno smartphone per fare le indagini e sapendo di avere ragione, che incassano critiche e dispensano consigli a tutti. Oramai è l’unico ruolo che possono recitare, focalizzando l’attenzione sul loro personaggio, ma palesando miglioramenti dal punto di vista recitativo che trascendono il botulino o i pettorali. Van Damme e Sly non sono diventati di botto Peter Sellers, ma la differenza rispetto ai tempi che furono è più che tangibile. Bullet to the Head è l’ultimo di una lista di film che recano seco il concetto «Sly è il Capitano, la Guida, il Mentore e tu lo devi ascoltare»: Driven, John Rambo, Rocky Balboa, The Expendables. Sly accentra e la spiega, questa volta con un personaggio un po’ più chiaroscurale, meno buonista e più stronzo.

Fin qui tutto bene per gli amanti del genere, se non si conta che per far dire «Sly, Sly» e ancora «Sly» al film si sia sacrificata un po’ di azione, rendendo la cosa un filo monotona.

Ma non sono più gli anni ’80, i paperdollari oramai li usano per fare bambinate alla G.I. Joe, e i nostri eroi son diventati i padri delle belle dei film.
 È il fio del tempo che scorre, ma va bene comunque. Revenge never gets old.

sabato 9 marzo 2013

Non ci sono più i russi di una volta - A GOOD DAY TO DIE HARD, 2013


Da studente del Dams è difficile far capire ai propri compagni l’importanza capitale del genere action nel mondo, del cinema e non.
Gente che al corso di produzione cinematografica ancora prima  di avere scritto una riga di soggetto se ne esce con «io voglio  farlo in bianco e nero», che vuole fare la tesi sul documentario  in Herzog, che indaga sul tema dello specchio, che se gli chiedessero «cosa porteresti su un’isola deserta?» risponderebbe «l’iPhone, le Clark o la reflex, ma non so dirti in che ordine» e che se sentisse due note di pizzica dimenticherebbe di essere di Merano e si lancerebbe nella danza delle spade perché la fa sentire tanto libera. Gente così. (fottuti radical chic)

Gente che appena sente «The Expendables» sorride, fa spallucce, lusingata per aver sottolineato la sua superiorità di cultore cinematografico rispetto alla mortalità di un genere commerciale, arido e passato di moda anche se di moda non lo è stato mai. Gente che non ha capito un cazzo né del mondo, né del cinema.
Di qui la domanda principale: tralasciando la sacra, multiforme e intoccabile idea di arte - incarnazione del moto perpetuo dell’animo umano nel darsi e ricevere dal mondo – tradotto: quella che serve a darsi un tono in una discussione ciucciando l’astina degli occhiali (e se avete un po’ di cultura genuina vi accorgete che stiamo entrando in tema), come spiegare l’importanza di una trilogia come Die Hard nell’evoluzione di un genere che volente o nolente  ha cambiato radicalmente l’immaginario di grandi e soprattutto piccini? Come spiegare che i film con Stallone e Schwarzenegger sono entrati nel cuore e nella testa di chiunque li guardasse con innocenza? Come spiegare che finita la guerra fredda non c’è stato quasi più bisogno di loro? Come spiegare che Bruce Willis è stato l’anello di congiunzione tra gli ormai Grandi Vecchi e un mondo che abbandonava i nostri beniamini a far cose come Fermati o mamma spara e Una promessa è una promessa?

La serie dei primi due Die Hard e mezzo (il secondo, quello con Franco Nero all’aeroporto, non se lo ricorda nessuno) ha fatto epoca: da un punto di vista di oggettiva qualità nella lavorazione del film e soprattutto nella costruzione di protagonista e antagonisti. Siamo ormai negli anni ’90 e gli Stati Uniti non hanno più bisogno di eroi per vincere la guerra fredda, c’è bisogno di persone più normali cui affidare la tutela del nostro mondo. Quindi i Mr. Olympia vanno a fare i comici e gli attori comici vengono a fare i salvatori della patria: come un Andrea Pirlo qualsiasi spostato davanti alla difesa da Ancelotti, anche a Bruce Willis è stata rivoluzionata la carriera. Sentitamente ringraziamo.

Entrando più nello specifico, nella trilogia vediamo per la prima volta un protagonista che è la summa di molte figure dei precedenti cinquant’anni del cinema americano: un po’ investigatore da film noir, un po’ (tanto) Rambo, onnipotente e vulnerabile, che uccide centinaia di cattivi ma che ha problemi coniugali, che cammina a piedi nudi sui vetri rotti prendendo le aspirine per il mal di testa. Pensando a Sly che in Rambo III si cura una ferita con la polvere da sparo si capisce cosa voglio dire. Questo «superamento del superomismo nietzscheiano» (cit. “Me stesso mentre me la sboro”, in Pizze in faccia, puntata n. 14?, febbraio 2013) significa anche una  diversa concezione nell’ideazione dei film e dei loro cattivi, dello spazio in cui si muovono, e dello spostamento degli antagonisti da entità malvagie personificate (i vari ufficiali della Santa Madre Russia) a persone che diventano entità controllando l’intero svolgimento della vicenda («Simon ordina: …»). Avere un personaggio più caratterizzato porta ad avere storie più particolari, detta in malo modo. Ma le storie particolari, in questo caso, sono dei film a dir poco PERFETTI, COMPLETI, MERAVIGLIOSI: sto parlando di Trappola di cristallo e Die Hard – Duri a morire, ovviamente. Chi non li ha mai visti faccia il favore di recuperare subito o una demoniaca pioggia di fuoco s’abbatterà sul capo suo e dei di lui congiunti.
Il concetto di claustrofobia nell'action.

Paragonare gli ultimi due episodi della serie alla trilogia iniziale è un’azione da un lato ovvia, ma dall’altro assolutamente sbagliata: bisogna accantonare le aspettative da appassionato per rendersi conto che i Die Hard 4 e 5 sono un’operazione più di marketing che di cinema, e nella pratica si vede, per cui benché la tentazione sia forte si deve considerarli come film a sé, lontani anni luce dalle meraviglie inziali.
Perché se da un lato hai Duri a morire, ovvero il new thriller anni ’90 applicato all’action (esempi di new thriller sono I soliti sospetti e Seven, dove è l’antagonista a tirare i fili della vicenda, facendo da vero e proprio regista della situazione: «Simon ordina: …»), con Jeremy Irons e Samuel L. Jackson, dall’altro hai un Die Hard 4 con Justin Long che manco conosce i Creedence Clearwater Revival e Edoardo Costa a fare il cattivo. Edoardo Costa. Capite che non son cose paragonabili never in the life. Ma never never never.

Passaggio di consegne un cazzo.
Comunque Never In The Llife 4 aveva un budget grosso quanto l’ego di quel coglione di Corona, Never In The Life 5 no, anzi. Sfruttando la grande onda lanciata dal terremoto The Expendables 2, han fatto un film dove è tutto concentrato sulle cose basilari, meno due. Si vede che parte ad handicap tentando di coprire tutto con esplosioni e Bruce Willis. Ma dato che Bruce Willis è vecchio, si dà al film un tono da passaggio di consegne. Anzi, l’unica funzione della sceneggiatura è dire che John McLane passerà il testimone a suo figlio. ERRORE MORTALE. Primo, e qui parla il fan, non c’è qualcuno che possa sostituire John McLane. Secondo, e questa è un’analisi più lucida, non c’è nessuno che possa sostituire John McLane. Ma se ti chiami Salta Boschi («Piacere, Skip Woods, sceneggiatore») e hai scritto cose come l’A-Team e Hitman non lo puoi sapere. Se poi si considera che tutto questo è fatto per coprire l’assoluta assenza di qualsivoglia resto di sceneggiatura, scende una lacrimuccia a pensare a quando si era bambini su Rete 4 e uno schermo attaccato ad un tubo catodico faceva risuonare «Yippie Kay Yay figlio di puttana».

Però c’è il resto: un inseguimento della stramadonnazza di dieci minuti, elicotteri e autoarticolati che sparano, e tutto che esplode. Manca una storia di livello, ma Bruce Willis e suo figlio Jai Courtney si fanno le battutine e sparano e fanno esplodere tutto e distruggono. Se uno va al cinema senza aspettarsi i sani capolavori di una volta né una storia particolarmente articolata uscirà piuttosto soddisfatto. E poi esploderà.

Non completamente soddisfatto però, e qui  si nota quanto i tempi sono cambiati. Questo è un film con i russi fatto nel 2012, non nell’86. È questo ciò che volevo dire con “tutte le cose basilari, meno due”:

.la prima, la tigre della steppa, l’algida assassina siberiana dall’irresistibile carica erotica, è mostrata per tre minuti totali, dei quali 2:59 con indosso una tuta anti radiazioni. E oltre a non uccidere quasi nessuno in maniera spietata, si suicida in elicottero come un imbecille senza nessun motivo, beccandosi anche un medio al ralenti dal buon Bruce mentre si tira dal palazzo in fiamme.  

.l’altro è un errore da megaprincipianti se vuoi fare un sequel di Die Hard: nel casino finale spunta dal nulla un personaggio cui io avrei dedicato un’intera trilogia: un russo di nove metri, largo come due Danko, pelato, a torso nudo a -30 sotto la pioggia radioattiva di Chernobyl, e con tatuato CCCP  sulla schiena ad una grandezza di caratteri che ci fai una pubblicità a S.Siro. Ecco, quest’uomo non solo compare per sparuti secondi di un film action, ma non picchia nessuno. Spara col mitra, da lontano. E non picchia nessuno. Un croissant ripieno di fiele.

In definitiva un film che sarebbe potuto essere meglio ma che non è male, che soffre dell’andamento dei giorni nostri. Non c’è più l’action di una volta perché non ci sono più i russi di una volta, o forse il contrario, e non si sa cosa sia meglio. E non sto parlando solo di cinema.

venerdì 30 novembre 2012

GHERMINELLA NELL’ASIA MINORE: Argo, 2012



«Affleck Affleck Affleck – che il nome fa un po’ ri-de-re – ma noi non rideremo – per quello che farà»

Tipo così.
Ben Affleck da attore è meglio di no, ma se si mette a fare il regista e fa i pezzi. I pezzi. I PEZZI. Uguale a quelle classiche storie sportive in cui uno comincia a giocare ma poi si rende conto di essere troppo scarso e allora si mette ad allenare, e vince tutto. Phil Jackson e José Mourinho, Pat Riley (quello a cui si è ispirato Oliver Stone per il look di Michael Douglas in Wall Street) e Marcello Lippi, e milioni di altri. Ecco, Ben Affleck è uguale. È al terzo film, o meglio, è al terzo film fatto bene, ma bene bene, e tre indizi fanno una prova.

La prima volta che ho visto il trailer di Argo ho pensato: un altro membro del filone dei film ambientati in Asia minore in cui gli attori democratici si fanno crescere barba e capelli e fanno film di denuncia o interpretando persone più o meno normali.  Three Kings, Syriana, L’uomo che fissa le capre, Argo. Più altri. Alla fine escono sempre dei bei film (per quanto mi riguarda). Parte del merito va a George Clooney, che tenta sempre di costruire progetti interessanti, soprattutto su questi temi.

Qui vedo Ben Affleck e mi dico: «con quei capelli e la barba lunga vuol fare il Clooney della situazione». Il produttore di Argo? George Clooney.

Dato che per parlare di Argo ho cominciato dal suo regista/protagonista, continuo a tesserne le lodi, e poi parlo delle ragioni di questo film, che da bravo autore intelligente Ben Affleck non ha mancato di cogliere, ragioni culturali e storiche spesso trascurate ma che in un modo o nell’altro hanno determinato la vita di tutte le persone. Non sto esagerando.

Partiamo dal contesto storico: l’ayatollah Khomeini fondò una teocrazia sostituendo una monarchia occidentalizzante che qualche vittima l’aveva fatta (le guerre sante si fanno sempre tra santi). Nel corso della rivoluzione islamica, e a seguito della crisi diplomatica intercorsa tra i due paesi a causa dell’asilo dato dagli Stati Uniti allo shah, il 4 novembre del 1979, a Teheran, Iran, i manifestanti assediano l’ambasciata americana. Vengono presi 52 ostaggi, ma sei diplomatici riescono a scappare e a trovare rifugio presso la casa dell’ambasciatore canadese. Argo è la storia di come Tony Mendez, agente CIA, esfiltra i sei da Teheran e li riporta negli Stati Uniti. Argo è anche il titolo del film che Mendez finge di produrre per riportarli a casa, spacciandoli per una troupe per  un film di fantascienza. Con l’aiuto del Canada (per ovvie questioni diplomatiche, e per i restanti 52 ostaggi americani rinchiusi nell’ambasciata) i sei riescono a fuggire. Mossa Kansas City agli studenti coranici e gherminella in Asia minore riuscita. Senza né vittime né violenza. Strano ma vero.

Questa è la storia reale, ed è quello che si vede nel film, riassumibile in due righe: i sei che scappano si rifugiano dall’ambasciatore canadese; Tony Mendez con la scusa di girare un film di fantascienza intitolato Argo va a Teheran con dei documenti falsi e li espatria. Fine. 
Su una storia tanto minima, semplice e lineare viene creato un filmone. Equilibrato sotto tutti gli aspetti, dalla cifra stilistica ai contenuti, che non scade in facili manicheismi né in eroismi di sorta, che non giudica ma che si lascia un margine per criticare tutti,senza distinzioni. Quindi bene.

Il cast è composto da mostri. Il cast è quello su cui si regge ogni parte di questo film. È il cast a dettare le situazioni e i tempi di ogni scena, e nessuno sbaglia mezzo colpo. Per le scene ambientate ad Hollywood Alan Arkin e John Goodman rischiano seriamente di mangiarsi tutto il film palesando doti di califfi a livello 1000, sostenendo la vena umoristica  necessaria a bilanciare le situazioni tese in cui i sei attori che fanno gli ostaggi fanno a gara a chi ti mette più ansia addosso, in un continuo gioco di sguardi ed espressioni terrorizzate e/o angosciate. In senso positivo. Un film in cui il 75% del tempo è fatto di occhiata+sigaretta+baffoni+odiomicagoadosso vuol dire solo una cosa: uno-più-bravo-dell-altro. Il Ben Affleck attore risente di questo contesto, ma è “un normale” in mezzo ai fenomeni.
Tipo così. Argofuckyourself.

Il contesto, appunto. Ben Affleck regista sa quello che fa, ed oltre a maneggiare la tensione con puro sadismo nei confronti degli spettatori (sostenere una storia minima con l’apnea è cosa ottima e difficile, l’ultima mezz’ora del film è da cervicale contratta e unghie nei braccioli), sa che sta facendo un film negli anni ’70. Forse la cazzata delle scatole cinesi qui ha senso. Il cinema nel cinema, gli anni ’70 all’interno del film e fuori, la consapevolezza che in quegli anni si è fatta una parte di storia. Ma ci arriveremo. Comunque zampa d’elefante, baffoni e occhialoni alla Dan Peterson, e Rodrigo Prieto, il direttore della fotografia, che sgranando con lo zoom riesce ad uniformare e allo stesso tempo differenziare i luoghi del film, dando un effetto da quasi documentario in Super8 alle scene ambientate in Iran e quella chiarezza plasticosa un po’ finta da ufficio nelle scene alla sede della CIA (che guarda caso sono uffici, ma se uno vede il film capisce cosa voglio intendere). 
Argouvafanculou! Numerrounouuu!
E poi, tre scene. L’assedio dell’ambasciata, il montaggio parallelo della lettura della recensione del finto film, e un furgoncino che attraversa i manifestanti Iraniani presimale. È CINEMA. CINEMA. PURO. Non si aggiunge altro. 

Il valore di Argo come film, ma soprattutto come storia in sé, è un altro. Ben Affleck se ne rende conto e calca la mano su questo punto, rendendo così il suo film un capolavoro a tutti gli effetti. La vicenda di Argo è avvenuta poco dopo l’uscita del primo di una serie di film che hanno segnato una o forse due epoche della storia dei nostri giorni: Guerre Stellari. Tutto quello che riguarda i finti storyboard all’interno del film è un omaggio, è mostrare la consapevolezza di cosa ha voluto significare in termini di immaginario. E del messaggio su cui si basava.

La Storia in cui si trova quel film, come Guerre Stellari, parla di una rivoluzione (parola che nel cinema è da sempre sostituita con “ribellione”, chissà perché), di una speranza di cambiare le cose. Immagino che gli iraniani che si sono rivoltati contro lo shah avessero anche loro le loro speranze, fossero quali fossero. È finita in una teocrazia, la religione  e la fede di molte persone sono state usate come strumento di potere, come sempre accade. Uguale per Guerre Stellari. Si usa la fantasia di tutte le persone che rimangono incantate per creare un impero commerciale. Io AMO Guerre Stellari, è una passione che mi ha trasmesso mio padre, e all’ultima scena del film mi sono emozionato (chi ha visto sa). Ma c’è un rovescio della medaglia che parla molto bene del mondo. 

La vicenda di Tony Mendez, e la sua idea di girare un film di fantascienza, ha messo in evidenza sin da subito (per quei tempi) un processo molto più ampio che ha cambiato la storia del cinema e dei media, e in definitiva di quella parte del mondo che può concedersi il lusso di decidere cosa mangiare a colazione, pranzo e cena: la fantascienza e in particolare Guerre Stellari hanno cambiato il mondo, hanno dato l’avvio alla rivoluzione dei modi, dei mondi, e dei contenuti, dei mondi contenuti negli altri mondi. Non è un bisticcio, basti guardare al mondo di internet e agli universi in esso contenuti, universi fatti di mondi on line, magari proprio di Star Wars, dove uno che fa l’imbianchino può essere un cavaliere Jedi o uno che fa il dirigente può essere un contadino del pianeta Kashyyyk (sì, con tre ypsilon), o il cognato di Chewbecca. Idee che hanno rivoluzionato il mondo dell’intrattenimento, FUGA per eccellenza a chi anela di essere qualcos’altro, i mondi che coprono tutta la parte di mondo che non sia moda,  giusto per non lasciare nessun bucherello. Il fascino di questi mondi distanti e mirabolanti permette, nel film,  al più rompiballe della compagnia di infinocchiare i soldati all’aeroporto, affascinati partecipanti di un mondo ancora ben al di fuori della fantasmagoria occidentale. Da questa scena credo si possano capire il successo e l’impatto che hanno avuto i franchise, poi internet, poi i franchise attraverso internet; Argo da un certo punto di vista parla anche dell’incontro tra una saga che parla dell’universo fatto di mondi (ancora una volta, scusate) che si scontrano, e un universo completamente a parte dell’occidente, all’interno di un contesto di un pianeta terra ancora culturalmente preglobalizzato. Mio dio quanto siamo postmoderni. 

Tralasciando i pipponi da persona che un paio di domande se le fa (e che potete tranquillamente bollare come dietrologie), Ben Affleck gira questo film con cuore e buona fede: Argo non è un film manicheista, gli americani sono i buoni, ma gli iraniani non sono cattivi, al massimo sono incazzati, fanno la parte degli intesiti per il semplice motivo che venendo da un’altra cultura hanno un modo di comunicare diverso, e il fatto che la storia si risolva pacificamente non manca di sottolineare l’abilità del protagonista, in cui risiede la speranza della moderazione per sperare che gli Stati Uniti non siano un paese così stronzo e ignorante, cosa che non ha mai mancato di sottolineare in tutti gli eventi dal dopoguerra ad oggi (e pure prima). 

Insomma, un film girato con cuore e buona fede. Ed emozionante, in tutti i sensi. 

venerdì 16 novembre 2012

Ma per favore - Le belve (Savages), 2012


Avete presente quelle tipe, solitamente fighe, che vi fanno credere di avere avuto la botta di culo e che staranno con voi senza che dobbiate neppure provarci? Quelle che vi guardano, vi sorridono, voi vi prendete bene, se vi va di stralusso limonate ma poi finisce che tornate a casa e dovete coprirvi la mano (solitamente la destra) di carta vetrata, perché dopo magari mesi finisce sempre con «eh no, sai, ho il ragazzo», oppure «la prossima volta» e quando voi, che mossi da un impeto proveniente dai bassifondi volete credere che una prossima volta ci sarà davvero (illusi), le telefonate ricevendo come risposta «oggi ho lezione, domani dò ripetizioni, giovedì ho il funerale del criceto del mio nipotino, venerdì ci sarà vento e poi tanto il 12 dicembre finisce il mondo». Tradotto: «potrà gelare l’inferno prima che te la dia».

Le care profumiere che al primo istante che le conoscete sembrano delle persone fantastiche e che alla distanza, con l’esperienza, e anche perché non si sono concesse, perdono molto del loro potere, finendo per dire solo una cosa: niente. Delusion in the sky with diamonds.

Metafore sulla patata a parte, il discorso per “Le belve” di Oliver Stone è più o meno lo stesso. Promette bene, e ti strafrega alla grande. Una presa per i fondelli su molti livelli. Rima non voluta, ma gli ingredienti ci sono tutti, a partire da un trailer che ti fa dire: «Paurissima! Benicio Del Toro e il ciccione di Scientology che negli anni ’70 aveva la brillantina e cantava Tell Me More che si massacrano in un film sullo spacciodiddroga! E c’è anche la Salma travestita da sfinge! E le maschere allegoriche mehicane! E c’è quello di Kick Ass che si bomba assieme ad un tizio sconosciuto megasurfer la Gossip Girl e si ammazzano di cannoni mentre il cartello mehicano è lì che rosica! Paura otra vez!». Poi scopri che:
-Tutte le cose del film che potevano essere interessanti si sono viste nel trailer

-Benicio Del Toro è l’unico che lì in mezzo si salva ma solo perché ha di suo gli occhi da pazzo e due baffi da far invidia a Lucia Annunziata al mattino davanti allo specchio

-È tutto di una falsità disgustosa. Perché?

Perché vale il principio di Cowboy VS. Aliens,  secondo cui butti tutto quello che c’è d’interessante nel trailer e/o nel titolo e/o nel merchandising con l’obiettivo unico di far pagare il biglietto e intascarti il valsente, e se poi è un film fatto dai clown pazienza e soprattutto stracazzi di chi ha scucito ottoeuroemmezzo al signor UCICinemas. Ma andiamo per ordine, semplificando e inaridendo:

.Sceneggiatura dimmerda CHECK

.Bellissimi di Rete4 per far andare le tipelle al cinema CHECK

.Bel fighino per far andare gli zarri al cinema CHECK

.Attori famosi e comparsate stylish per far andare la gente normale al cinema CHECK

.Assenza di qualsivoglia plausibilità CHECK

Minchia troppo selvaggio il triangolo
.Assenza di azione CHECK

.Violenza che copre l’assenza di tutto il resto finendo a parlar male dei messicani CHECK

.Velato - ma non troppo - amore omosessuale tra i bellissimi di Rete4 CHECK

.Promozione del sogno ammeregano CHECK

.Cose senza senso all’inizio e alla fine indice dell’eccessivo amore per le sostanze psicotrope di cui sono affetti gli sceneggiatori CHECK

.Conseguente giramento di maroni dello spettatore che ha scucito ottoeuroemmezzo sperando di vedere un bel film CHECCKISSIMO

Ma spieghiamoci.

Il film inizia con una frase che già vorresti mandare a quel paese tutti. TUTTI. Chi l’ha scritta, chi l’ha recitata, chi l’ha doppiata, chi l’ha prodotta, chi l’ha girata. Siamo sulla classica spiaggia al tramonto con un filtro di Instagram applicato alla camera, dove la Gossip Girl sta camminando sognante e innamorata, dicendo: «Se vedete questo video non significa che sia viva. Ma forse sì. Ma forse no. Ma forse sì. Speriamo che serva a farvi venire voglia di guardare il film». E non mi sono allontanato troppo dalle battute originali. Con questa frase Oliver Stone ti sta dicendo che non sa una cippa di cosa fare e che tirerà fuori un film dallo sviluppo consequenziale azione-reazione in cui metterà un finale a sorpresa piuttosto equivoco, sperando che lo stylish e il sangue e la classica ambientazione da storia di droga in Messico servano a salvare tutto quanto. Casca male.

Per il resto abbiamo una coppia di amici, uno è un soldato che ha combattuto (ammazzato forse è più appropriato) in Afghanistan, l’altro ha una laurea in chimica ed una in economia: assieme producono marijuana e si bombano la Gossip Girl, alternati o assieme, «perché siamo hippy, ci facciamo le canne e andiamo sul surf». La marijuana che producono pare sia la mejo der monno e questo scoccia non poco i cartelli messicani che prima con le buone e poi con le cattive li costringono a vendergli il loro prodotto. Con le cattive significa che rapiscono la biondina. I nostri eroi, innamorati di e tra loro stessi e di O, la Gossip Girl (se è un omaggio a Histoire d’O andatevene, anche perché non c’entra nulla), si adoperano per riprenderla attraverso le loro conoscenze, militari e personali (il corrotto agente della DEA John Travolta) e succede il gran casino, dove Benicio si diverte a far scorrere sangue, fino al finale.

Belli belli belli in modo assurdo
Ecco, il finale. Alla fine del film succede tutto e il contrario di tutto, letteralmente. C’è un finale dove muoiono tutti, e poi un altro dove si salvano le chiappe e vanno a vivere felici e contenti in Indonesia, ad amarsi, a farsi le canne, a surfare e «a vivere come selvaggi». Testuali parole. Questo vuol dire due cose: 1) per tutto il film hai pensato che i selvaggi fossero i messicani che mozzano teste con le motoseghe e frustano la gente in faccia, e invece sono loro, yuppie milionari, che sono selvaggiamente fighi nello spacciare e farla in barba a tutti quanti; 2) che il messaggio mandato è «siamo selvaggiamente fighi yeah bella che fighi gli americani nel fregare e ammazzare i messicani che spacciano yeah noi spacciamo senza dare fastidio a nessuno yeah ma se ci rompete le palle allora sì che diventiamo più selvaggi di voi yeah», abbastanza in linea con l’idea e l’ideologia del sistema che li ha prodotti.

La cosa che conferma un poco questo mio sospetto sono le maschere usate dai protagonisti delle quali una ben visibile nella locandina: non sono un grande esperto, ma so che quel tipo di maschera veniva usato per celebrare la vita nella morte durante rituali di varia sorta (va bene far gli sboroni ma non mi spingo oltre perché non posso), ma soprattutto era usato dai “colonizzati”, dai nativi americani delle civiltà precolombiane, per difendere la propria identità culturale al momento dello scontro (sterminio forse è meglio) con l’ispanizzazione e la cattolicizzazione. Sono giunte fino a noi riadattandosi e mescolandosi con le culture dominanti nel corso dei secoli (ri-leggi cattolicesimo), comunque mantenendo questo significato; qui i protagonisti le fanno proprie per resistere e minacciare la messicanizzazione del cartello che a sua volta minaccia il loro mondo dorato di produzione e rivendita, basato sul baratto (tutti quelli che gli danno una mano lo fanno in cambio di grosse paccate d’erba). Il fatto di vedere nella locandina del film una maschera come quelle testé descritte attraversata da due occhi caucasicamente AZZURRISSIMI conferma ulteriormente la mia voglia di sovrinterpretare e mi fa pensare di avere un po’ ragione. Ma fermo il trip che non ne vale la pena.

In conclusione, se volete andare a vedere Le belve, o Savages (il titolo originale), non andateci, o rubate i biglietti. Perché dopo dieci secondi vi becchereste la Gossip Girl che parlandovi dei suoi due fidanzati vi dirà: «uno scopa con la guerra dentro, io ho gli orgasmi e lui i guergasmi (pallida traduzione dal wargasm inglese), è freddo come il metallo, mentre l’altro è caldo come il legno, è l’ammòre» e altre cagate del genere.  Il buon Oliver sa come girare un film, ma qui pare si sia dimenticato di come si scrive. Ma parecchio.
Ebbravo.




martedì 25 settembre 2012

Daje e aridaje de Fernet - The Dark Knight Rises, 2012


Questo post è frutto di un esperimento: il progetto era di iniziare con The Expendables 2, ma l'entusiasmo ci ha portati ha parlare e riparlare tra di noi prima di scrivere perché c'era troppo L'ENTUSIASMO, come potete notare scendendo di pochi post, e quindi perdendo la dose di spontaneità necessaria per questo genere di cose...comunque lasciamo qualsiasi giudizio ai nostri milioni di lettori: se vi strappate i capelli per l'amore che nutrite e per l'apprezzamento e la stima e quasi quasi anche un po' per l'invidia che provate a non essere noi scriveteci...per quanto riguarda le lettrici, spediteci anche della lingerie, meglio se utilizzata quando ci pensate fortemente...in pratica si os gusta el formato rendeteci edotti. E tutte voi bellissime voi non dimenticate le mutandine.

Comunque...

...3...
...2...
...1...

...èlluomopipistreeellooo!!! Èppropriobaaatmaaan...Baaat-maaan! Baaat-maaan! (Ringraziamo Cristina Da Vena)



Il Doc: eccosci
Il Doc: ma la facciamo vocal? non è meglio chattata? almeno ce l'abbiamo subito scritta

Djoh: vabbuono

Il Doc: great

Djoh: il problema è che ho già provato una volta ed è complicated
Djoh: però
Djoh: e c'è un però molto grosso
Djoh: non era spontanea, voglio dire, avevo già parlato con Marco prima di farla quindi non è venuta come doveva

Il Doc: beh, noi no :D

 Djoh: infatti!

Il Doc: beh, io direi di non strutturarla troppo, andiamo a braccio

 Djoh: quello sì, però èmmeglio avere una scaletta da seguire

 Il Doc: parliamo all'inizio un po' della trama a modo nostro, poi commentiamo... prima sceneggiatura, poi attori, poi il resto... poi commento complessivo
Il Doc: come scheletro

Djoh: me lo scrivo
Djoh: sticky notes appalla
Djoh: eccomi pronto prontissimo

Il Doc: bellazio
Il Doc: ok, bella, inizio che sono carico :D

Djoh: dajeeee

Il Doc: c'era una terza volta Batman
Il Doc: anzi, c'era una terza volta Bruce Wayne

Djoh: e c'era un'ennesima volta Christopher Nolan
Djoh: ma continui pure, stiamo solo provando
Djoh: (forse)

Il Doc: otto anni dopo la sfacciata morte del santissimo Harvey Dent, Gotham City non ha più bisogno di Batman, e neanche di potenziali Falcone e Borsellino, perché la mala è smantellata, ma i topi d'appartamento d'alto bordo e le cospirazioni corporative no, come veniamo a sapere molto presto

Djoh: gran sgnacchera di Anne Hathaway
Djoh: (direi che è meglio se c'è una voce principale e un contraltare)

 Il Doc: (va benissimo, ma piasa)

Il Doc: (interrompimi senza ritegno)

Djoh: (interrompimi senza ritegno lo metterei senza parentesi per dare un tocco di metacritica sborona)

Il Doc: (bellissimo)
Il Doc: anyway, Bruce Wayne decide che è tempo di muovere le chiappe solo dopo che la suddetta topa d'appartamento gli ruba i preziosi monili materni, sintomo che in questi otto anni non dev'essere successo proprio un cazzo

Djoh: esatto, si è allenato moltissimo nel tiro con l'arco zoppo

Il Doc: inizia a questo punto una parte molto complessa
Il Doc: tanto complessa
Il Doc: troppo complessa
Il Doc: e Batman divenne Zoppo di Falco, ed entrò nei Vendicatori 2

Djoh: moltomoltobene

Il Doc: spremendo questa prima parte ne ricaviamo un villain nuovo di zecca, Bane, la risposta di Rozzano a Darth Vader, che ce l'ha a morte con Bruce e l'ordine costituito, tanto da essersi messo al servizio di uno speculatore finanziario solo per poter mettere piedi a Gotham e far casino, ma soprattutto ne ricaviamo un bicchiere di Fernet Branca da consumare rigorosamente sull'Arno

 Djoh: la ragione vera è che Bane ha l'apparecchio con il baffo ed è un po' frustrato, se a questo si aggiunge la calvizie si capisce come il disappunto possa sfociare in una furia omicida di tal livello...penso anche che fosse celiaco, di qui un odio atavico e senza limiti verso il prossimo
Djoh: ma di questo Michael Caine, che ci piace fare il depresso coissordi che se ne va in Toscana, se ne batte la ciolla sulle bianche scogliere di Dover

Il Doc: tanto pagano i Wayne

Djoh: e poi fa il culo a Batman dicendogli: a star lì zoppo a tirar con l'arco sei diventato un perdente, e poi glielo dice alla Ace Ventura (perdÈÈÈnte!) e poi gli dice anche «Bruce, io lo so che ti vuoi prendere gli schiaffi in faccia, quindi vado a dar giù di Fernet come se non ci fosse un domani mentre tu prendi le sberle da quello celiaco col baffo, e se poi ci becchiamo a Firenze bella, sennò va’ a fa balà la scimia»

Il Doc: e mi tolgo dal cazzo visto che nell'architettura del film la mia utilità è pari a una mosca sugli zebedei

Djoh: e quindi via Grande Vecchio n.1 - cassato: perché il buon Bruce gli risponde «vaffanculo vecchio, io vivo la mia vita un quarto di miglio alla volta» à Alfred col Fernet sull'Arno
Djoh: ma dicevamo (doc, prego, mi faccio prendere la mano)

Il Doc: beh, in breve, mentre il vecchiaccio va a battere le scope sui soffitti altrui, Bruce Wayne ritrova la potenza sessuale d'una vorta e si fa spezzare le vertebre dal frustratissimo Bane, il quale mette in atto il più fine (a se stesso) atto di tortura psicologica mai visto nella storia del cinema, probabilmente

Djoh: (Bruce per farsi ammazzare si mangia una pizza di fronte a Bane, sarebbe bellissimo)

Il Doc: (bruce per farsi ammazzare si lava i denti di fronte a bane :D)
Il Doc: infila il buon Bruce in una prigione-fossa nel Kurzukistan, nell'unica prigione-fossa in cui si parla inglese, e chi non lo parla sta solo fingendo

Djoh: quindi a conti fatti Bane è un bel pirla, perché se l'avesse buttato nella prigione dove si parlava per davvero solo kurkuzo con sta gran cippona che gli spiegavano come si faceva a uscire e i blablabla della storia della moglie del soldato, gli ha anche messo la tv nella prigione kurkuza: (altra freccina) à Bane vincitore del Babbest Villain Ever Award



Il Doc: quindi in Kurzukistan c'è anche il via cavo americano, mentre se io voglio vedermi Breaking Bad in inglese devo rischiare di essere arrestato #haivinto

Djoh: faceva meglio a restarsene lì Bruce, ma invece no, e perché? (prego doc)
Puppamela, Batman!
Il Doc: perché Bruce Wayne, è, sotto la dura scorza di kevlar, un fottuto pazzo egocentrico megalomane quanto i suoi avversari: per cui DEVE dimostrare al mondo di sapersene sbattere il cazzo se il suo frustratissimo villain-of-the-hour fa saltare uno stadio e prende possesso di un isolotto urbano per mesi interi, DEVE dimostrare ai kurzuki che appendersi a una corda di iuta e fare bungee jumping ti fa solo bene se ti hanno appena sconchigliato la colonna vertebrale, è tutta preparazione per il salto il lungo

Djoh: ma poi, e scusate se mi intrometto, dicevo, ma poi: come cazzo fa a uscirti una vertebra dopo che 
Bane, incattivito col mondo perché celiaco e col baffo e pure calvo, ed enorme quanto due buoi muschiati, ti scaraventa sul suo ginocchio e cadi di schiena? la batvertebra sarebbe dovuta entrargli nello stomaco a Bruce, non uscirgli…ma son sottigliezze, son pignolo…cazzoglieneluièbbatman

Il Doc: DEVE dimostrare che dal Kurzukistan a un'Isolotto urbano assediato ci arrivi sciacquandotene lo scroto, se cazzoteneseibbatman
Il Doc: tra l'altro ottima osservazione, compare

Djoh: chevvuoi son fisime, semo ragazzi

Il Doc: tornato a casa, Bruce si trova in una situazione molto simile a quella che vedrà innanzi a sé Silvio Berlusconi quando tornerà al potere tra pochi mesi:
 - tribunali sommari tenuti da faziosi psicotici
- scienziati visionari e mecenatesse doppiogiochiste rinchiuse in biblioteche diroccate
- una bomba atomica che vaga in camper
Djoh: - tanti orfanelli che fan volantinaggio
PUPPATEMELA TUTTIII!!!
 Il Doc: - i poliziotti, privati dei mezzi di sostentamento, costretti alla sodomia nelle catacombe di Gotham
Il Doc: al grido di FREEPUSSY, ergo sventolando ai quattro venti il sexycuoio di Catwoman e le anomale stratette di Marion Cotillard

Djoh: ovazione

Il Doc: raduna tutta la frustrazione sessuale di Gotham City e la scaglia contro quella gente cattiva e invidiosa e che non sa amare

Djoh: paro paro come Silvio

Il Doc: in una battaglia campale sotto la neve, che sempre un po' natale…tra le vittime del conflitto, un uomo che indossava pratici guanti bianchi di stoffa, l'outfit ideale per la tua guerriglia urbana di mezzo inverno.Ma ecco che finalmente i nodi vengono al pettine e, sugli sugli Bane Bane, si scopre che il vero motivo dietro la frustrazione sessuale di Bane è l'impossibilità di praticare limonate e sesso orale alla bella burattinaia dell'intera operazione, la doppiogiochista Marion Cotillard, in realtà figlia del Ra's al Ghul che ci aveva deliziato nel primo episodio di questa trilogia nolaniana

Djoh: mentre Bruce lo zoppo si che se l'è bombata alla grande

Il Doc: cosa che non smetteremo mai di sottolineare, e che è l'unico vero motivo per cui alla fine, Bruce Wayne esce vincitore da questa trilogia: è l'unico a bombare

Djoh: si zompa la cattiva e Catwoman, e poi giù di Fernet

Il Doc: Fernet Branca, il tonico di chi ama

Djoh: Fernet Branca, la seconda cosa meno trangugiabile al mondo dopo un passato di cicorie (grazie mamma)

Il Doc: e si sa che a Firenze la fauna di milf è notevole, basta chiedere a Mr. Pennyworth Alfred e al suo vassoio autoreggente…tornando a noi, veniamo a sapere la bomba atomica in camper, che per rendere più chiara la metafora chiameremo Renzi, è ormai impossibile da disinnescare

Djoh: (doc eroe)

Il Doc: e che il poco aerodinamico bat-veicolo auspicabilmente rimasto nascosto in bella vista su un tetto per tutti e 5 i mesi di assenza del legittimo proprietario ha una sua effettiva utilità, portare l'ordigno nucleare lontano dalla città, per farlo detonare su un branco di tonni al largo

Djoh: sembra tutto finito ma...

Il Doc: sembra tutto finito ma...

Djoh: sembra tutto finito ma...

Il Doc: «il suo nome qui non c'è»
Il Doc: «ah, forse è sotto il mio vero nome»
Il Doc: «ah sì... ROBIN»

Djoh: può-può-può-puoooooo musichina di fallimento

Il Doc: mettiamolo in analogia
Il Doc: non mi viene l'analogia :D
Il Doc: mettiamola così... è come una scoreggia un secondo prima di un orgasmo

Djoh: usti
Djoh: rovina tutto a un metro dal traguardo e nei cinemi scatta il maccosa

Il Doc: occhei, l'avevamo capito tutti che saremmo arrivati lì

Djoh: però cheddiavolo, non c'è stato neppure il costumino rossoeverde né  un figlio di acrobati morti
Djoh: cazzo è un pulotto

Il Doc: tutto il film è una lenta investitura del buon Gordon-Levitt a erede di un cavaliere oscuro che ormai è palesemente in prepensionamento: ci sta, come ribadito ovunque è una cosa presa in considerazione già da Begins, ma ROBIN...c'è un girone speciale dell'inferno per chi pronuncia ROBIN invano

Djoh: ma anche solo per chi pronuncia Robin e basta

Il Doc: come c'è un girone speciale dell'inferno per chi abusa del FERNET BRANCA

Djoh: ho la personale sensazione che il personaggio di Robin potrà avere un senso solo se Batman verrà rifatto in chiave omosessuale, tipo Achille e quello che in Troy dicono sia suo cuggino ma tutti sappiamo che giocano al dottore, ecco, uguale per Batman e Robin e le voci di corridoio che li vogliono in tenerezze, ma questo arriverà al cinema forse tre trent'anni

Il Doc: e si perpetua la sensazione che la locandina originale di questo film fosse solo una gigantesca jizzata di seme nel buio cosmico

Djoh: è ancora presto per Brokeback Batman

Il Doc: nonostante Heath Ledger

Djoh: per rimanere in tema ma facendo parlare il mio piccolo amico pelato là sotto (no, non è Bane): che minchia è la biondina stronza che zanza il portafogli abbruce e NON si limona Anne Hathaway? Stronzo pure tu di un Nolan che mi suggerisci il saffo e poi nulla

Il Doc: ma soprattutto, dove minchia va a finire? Che Mr. Alfred abbia a cuore anche la sorte di giovani lesbiche mariuole? Solo Dark Knight Rises Granny XXX potrà fornirci risposte a questi interrogativo

Djoh: il meglio delle bat-tone

Il Doc: a me sembra chiaro che una persona su tutte svetta in questo film: Christian Bale, che dopo l'assenza del "Cavaliere oscuro”, torna nei panni del personaggio che gli ha garantito le ville nuove e qualche centinaio di chili di bamba…scherzi a parte, interpretazione poderosa, fisica, doppiata malissimo

Il Doc: insieme a quella di Tom Hardy, che definirei in sintesi "la manata inglese", per il suo stile estremamente ascellare, ma sempre stiloso

Djoh: io che son bestia l'ho visto in italiano il che rovina un po' tutto tutto, voglio dire, io AMO Tom Hardy
Djoh: un po' perché penso sempre che si chiami Oliver Hardy

Il Doc: :D

Djoh: e molto molto di più per Bronson

Il Doc: che mi manca, per problemi di sbatti di sottotitoli

Djoh: se già ci ha il baffo, con il doppiaggio italiano il suo lavoro d'attorucolo va a pannocchie
Djoh: capolavoro, Bronson è Drive più grezzo e onirico e preso male
Djoh: quindi Bane ciccia, sembra Shredder e basta

Il Doc: sembra Shredder in stereofonia dalle zone già raggiunte da questo servizio :D

Djoh: solo che lo chiamano Bane e non Huroku Saki
Djoh: quindi peccato

Il Doc: io devo dire che, mancandomi Bronson, a me è parsa un'interpretazione bella larga e generosa, malgrado il mascherone - anche l'inglese un po' cockney un po' ubriaco un po' Bob Dylan (nel senso che non si capisce buona parte di un cazzo) della versione originale regala soddisfazioni

Il Doc: a mio avviso mancava solo una cosa: le bretelle

Djoh: ESATTOOOOOOOOOOO però solo per come si tiene i bordi della giacca è da oscar, riesce un po' ad ovviare

Il Doc: molto, vero
Il Doc: veniamo ad Anne Hathaway, che tu citavi come strappona prima, ma che a me sinceramente non mi ha trovato molto sensibile
Il Doc: ribadendo che a me mi non si dice
Il Doc: ma si fa

Djoh: è l'accoppiamento calza nera con filo dietro e tacco 12 che a me mi trova estremamente sensibile, se lo sa portar bene, poi struccata ha due sopracciglia da Elio

Il Doc: :D

Djoh: ma il fascino risiede anche in questo

Il Doc: più che altro ha due occhi enormi
Il Doc: spaventosamente enormi

Djoh: due uova al tegame

Il Doc: Regina-Rossa-di-Alice-In-Wonderland-enormi
Il Doc: e la cosa non incontra molto la mia prurignosità

Djoh: calzafilotacco12estop

Il Doc: detto questo, mi è parso un personaggio complementare a quello di Marion Cotillard
Il Doc: ovvero, Selina Kyle è un personaggio scritto assai bene ma interpretato so-and-so

Djoh: non dice una fava
Djoh: Marion bella e mica tanto brava secondoammé

Il Doc: e al contrario quello di Marion Cotillard è un personaggio scritto a buttafava e interpretato bene (tranne la morte)

Djoh: uhm io dissento, nel senso

Il Doc: forse ero distratto dagli zinnoni, potresti aver ragione

Djoh: va benissimo che non si debba capire chi è lei, ecc ecc ecc ecc però sembra che non gliene freghi un cazzo, van bene le manfrine della setta di Rasalghul e quel che l'è, ma è un po' troppo gattina morta, una volta scoperta dovrebbe tirare fuori tutto l'odio uterino di cui è capace per dominare Batman come ha fatto nella sua magione davanti al fuoco, e invece non pare provare emozione alcuna

Il Doc: ecco, secondo me lì è un fatto di scrittura, come dicevo prima, perché ovviamente non poteva inventare un personaggio che non esisteva da lì

Djoh: a questa le linciano la madre e le sfigurano Bane e poi nulla?
Djoh: ti appoggio

Il Doc: cioè, è scritto in modo molto "bidimensionale", come direbbero quelli dei giornali

Djoh: scritto in a cinofallic way, come direi io

Il Doc: io direi a cazzo di cane

Djoh: appunto

Il Doc: sinceramente a livello attoriale non ho notato altre grandi prove, anche perchè ci sono qualcosa come 40.000 personaggi e molti di essi si avvicendano sul lettino d'ospedale

Djoh: Michael Kane è Michael Kane e Morgan Freeman è Morgan Freeman e Gary Oldman è Gary Oldman e gli basta la faccia che hanno
Djoh: e viva il cazzo
Djoh: il loro per il poco cui son chiamati a fare lo fanno sempre
Djoh: mi è piaciuto molto l'attore che fa il ragazzino morto nelle fogne e quell'idiota che fa cadere Gordon e gli permette di scappare e poi trova le scusine per far la gherminella con Bane e lui che gli dice «ti uccido dopo»

Il Doc: ti uccido a bocce ferme

Djoh: ah! poi c'è un altro idolo
Djoh: il fratello poverissimo di Willem Defoe

Il Doc: ahahahaha

Djoh: il sosia brutto di Willem Defoe
Djoh: Willem Defoe che ha limonato una vacca col cranio e poi va a passeggiare sui ghiacci: immortale
Djoh: credo vinca lui
A destra: idolo immortale con gambetta corta a lato -
Sara Barba e Brucia Goruomo

Il Doc: il grandissimo Burn Gorman un uomo a metà tra Willem Defoe e la maschera di halloween
Il Doc: di cui conserva la deformazione

Djoh: si chiama brucia

Il Doc: Brucia Goruomo, Brucia Goruomo

Djoh: direi che sugli attori abbiam detto la nostra
Djoh: Bale con la neve
Djoh: Anne Hathaway con due gran gambe e con due occhi grandangolo
Djoh: Marion Cotillard con le gran tette di sempre e chissà se brava, a opinabilità

Il Doc: e Brucia Goruomo, su cui penso riempiremo manuali

Djoh: sempre e comunque
Djoh: di che parliamo ora?

Il Doc: di Nolan, direi
Il Doc: del buon ciuffo biondo Nolan

Djoh: occhei

Il Doc: ciuffonolan è un grandissimo perché è come un analfabeta che fa il classico

Djoh: abbastanza

Il Doc: va fortissimo in ginnastica e in educazione artistica, ma non è in grado di fare altro, questo si traduce fondamentalmente in una grossa incapacità a gestire le sequenze d'azione, specie le scazzottate

Djoh: anche se nel primo a rivederlo ha avuto sprazzi, scazzottate voto meno mille

Il Doc: le scazzottate più incomprensibili di sempre

Djoh: che poi con tutti i paperdollari che ha a diposizione un cazzo di coreografo potrebbe anche permetterselo

Il Doc: ma anche un coach di grammatica cinematografica, eh :D


Djoh: sai, da quel punto di vista si potrebbe anche dire che è il suo stile, ma poi ti vai a rivedere molti suoi film e vedi che son pieni di incongruenze
Djoh: nel senso
Djoh: è più furbetto che altro in verità

Il Doc: sì... diciamo che riempie il suo 16:9 come pochi, anzi, a capacità di riempire il suo 16:9 ha davvero pochi pari e Inception e molte sequenze di questo Caballero Oscuro 3 lo confermano
Il Doc: cioè, voglio dire, è uno che pensa in largo e in profondo, il suo occhio non è solo azzurro, ci vede anche bene, però non sa muoverlo

Djoh: : si però gli serve anche per pararsi il culo: facendo film contorti è più facile nascondere gli errori…oh poi fa film contorti da dio, che però son tutti molto e troppo simili
-Spaghetti di mais!
-Pasta all'uovo!
-Pennette di kamut!
-Pizza!
-Tagliatelle Scotti!
-Hai perso Bane!
Djoh: io apprezzo: prende il classicone mainstreamone ammerregano e lo rivisita un po' mettendoci sempre dentro le paranoie e poi alla fine finalone a sorpresa che se riesce bene apposto e se invece va maluccio, come qui, allora sputtana un film intero

Il Doc: sì, è un gran ricicciatore di mainstream, te lo confeziona e te lo improfuma

Djoh: quindi bravo ma un po' troppo furbetto

Il Doc: esatto, anche se bisogna dire riconoscergli una cosa che è facile lasciarsi sfuggire: il tema vince su tutto

Djoh: amen

Il Doc: in questi tre Batman, Nolan ha parlato di certi temi col mainstream in modo chirugico, e si è fatto guidare molto da quello, ed è una cosa che lo premia, ed è probabilmente la cosa per cui ce lo ricorderemo per anni, anche se bisogna vedere cosa ha messo in piedi con “L'uomo d'acciaio - ovvero Clark Kent e il tonno insuperabile", ma questo è un altro discorso, lo scopriremo solo vivendo

Djoh: già
Djoh: io credo che nonostante tutto si nasconda un po' troppo dietro la fama che si è fatto e dietro l'unico tipo di film che sa fare
Djoh: mi ripeto
Djoh: per carità bravissimo e con picchi altissimi, ma meno bene a guardar bene

Il Doc: amen to that

Djoh: un po' troppo schiavo de pipistrello numero 2
Djoh: Inception gli ha legato le mani ancora prima di uscire

Il Doc: quello che vogliamo dire insomma, è che Nolan è un cialtrone esattamente come i tizi di The Prestige :D

Djoh: BRAVISSIMO, era proprio qui  che volevo arrivare

Il Doc: con The Prestige, Nolan ha fatto outing su sé stesso

Djoh: a gusto mio credo che The Prestige sia nonostante tutto il suo risultato migliore

Il Doc: sottoscrivo, anche se a livello puramente visivo per me vince Inception

Djoh: nicchio
Djoh: in The Prestige c'è l'atmosfera nolaniana applicata al gol a porta vuota, ovvero l'ambientazione fine '800 che se correttamente applicata sulle parti irritate tira più di un carro di buoi, e una tensione da presi male che sale dopo ogni minuto
Djoh: Inception è stata la consacrazione annunciata dopo il super exploit del Cavaliere Oscuro

Il Doc: ok, domanda da 4000 milioni di dollari... now what?

Djoh: usti
Djoh: bravo

Il Doc: voglio dire

Djoh: si sta divagando, cosa che mi piace moltissimo ma stiamo parlando di altro

Il Doc: no no, ma anche facendo tesoro di quello che abbiamo appena detto, non possiamo far finta di niente: questo Batman è l'apice di un percorso di tre film e la risoluzione di una carriera
Il Doc: adesso Christopher Nolan è uno dei registi più potenti di Hollywood

Djoh: "abbastanza"

Il Doc: e, con i suoi alti e bassi, con la sua capacità di rimpastare lo stesso grumo di farina over and over again, ha saputo portare al cinema con lucidità una --- attenzione parolone --- dialettica

Djoh: UOUOUOUOOOOOOO

Il Doc: che anche film di intento alto faticano a trovare
Il Doc: ragazzi, DIALETTICA

Djoh: ma in che senso?

Il Doc: questi film fanno parlare di sé al di là delle due cazzatine della trama

Djoh: mi sto sentendo di intento di mezza statura

Il Doc: questi film fanno riflettere sul mondo in cui viviamo, sui nostri valori, e questo Batman anche sui nostri consumi di alcolici e sulle nostre frustrazioni sessuali non sopite…e poi diciamocelo, uno a vedere i film di nNolan si sente un po' più intelligente o forse no, forse sono gli altri film a succhiarti via un po' di intelligenza o a far rientrare le matite nei crani altrui (cit. Il cavaliere oscuro)
Il Doc: quindi, tornando alla domanda, secondo te, compare mio, a che punto siamo con questo Batman e dove dovrà guardare Nolan dopo domani, quando sarà tornato dalla sua vacanza nei paradisi sessuali dell'Asia e sarà costretto a mettersi davanti al suo macbook placcato oro a scrivere?

Djoh: io, fossi in lui
Djoh: ma non sono lui

Il Doc: ed è questa la grossa rivelazione di oggi, amisci
Il Doc: neanch'io sono lui, per la cronaca

Djoh: me ne starei nei paradisi sesuali, e sottolineo una esse sola, dell'Asia finché Hollywood non celebrerà il ritorno del grande maestro, perché io che son polemico e vecchio nell'animo e critico anche sulle lasagne che mi cucino da solo penso che sì, moltomolto bravo ma Christopher mi ti stai un po' inflazionando
Djoh: poi io non capisco un cazzo
Djoh: ma secondo me in un mondo ideale dovrebbe pensarsi meglio i suoi progetti e uscire con dei film costruiti da par suo ma molto più solidi e completi, invece lui che è faina vive di rendita sul suo gran talento ma sta un po' annacquando sé stesso
Djoh: al posto di far nove film paura ma un po' tutti uguali fai tre capolavori, perché sai che lo puoi fare
Djoh: ci metti un po' più di tempo ma il mondo ti bacerà le terga foreva
Djoh: una volta affermatosi mi si è seduto sui proverbiali allori il Christopher
Djoh: se provasse a far film meno verdi e grigi sarebbe interessante
Djoh: nuove sfide che gli stuzzichino l'inventiva, sua e di suo fratello che gli dà una mano abbastanza grossa con le scemeggiature

Il Doc: oltre a sottoscrivere
IlDoc: anzi, io inviterei pure a guardare oltre la famiglia Nolan
Il Doc: gli assicuro che ci sono altri sceneggiatori bravi là fuori

Djoh: tipo a noi due

Il Doc: e altri direttori della fotografia
Il Doc: tipo... tra l'altro

Djoh: no ma io non volevo dir male, solo che è un bravo scolaretto ma non si applica come potrebbe

Il Doc: d'accordissimo
Il Doc: io lo inviterei anche a farsi un workshoppino di regia 101, comprarsi un paio di manuali, ri-impararsi un paio di raccordi
Il Doc: così tutti più contenti
Il Doc: tutti più emozionati
Il Doc: comunque, io gli auguro davvero una grossa sfida narrativa davanti, io auguro a lui e auguro a noi un film che ci fotta il cervello come il Nolan che ci piace a noi, però a un livello nuovo, non con i soliti meccanismi, come fai notare

Djoh: con le giarrettiere

Il Doc: e un goccio di Fernet Branca

Djoh: e tante mele

Il Doc: (ecco, io chiuderei qui mi sembra un finale perfetto :D)

Djoh: (direi che è andata onesta!)